Persone svantaggiate e innovazione tecnologica

Ausili informatici e accessibilità dei processi lavorativi: l’arte di semplificare

agendadigitale.eu, 11 maggio 2022

Oooh… poveri sciocchi, voi che sostenete che il computer ha ucciso la creatività. Parlatene a un paraplegico, quello che prima degli anni 90 non poteva iscriversi ad una facoltà scientifica, ad ingegneria, ad architettura, perché non poteva fare calcoli complessi, disegnare e nemmeno scrivere se non dettando a qualcuno.

Certo di fronte a un sistema informatizzato, ci poniamo il problema della accessibilità, ma accessibilità a che cosa? Non certo ad un mostro indomabile, ma ad una grande opportunità, che ha cambiato la vita e il lavoro di molti disabili.

I primi computer non potevano parlare, per diversi anni l’utilizzatore si è trovato di fronte ad uno schermo nero, se non addirittura di un orribile verde, con il testo che scorreva dal basso verso l’alto, quando andava bene, in altri casi debordava a destra e a sinistra, per cui bisognava rincorrerlo con i tasti di spostamento.

Ma ecco venire in soccorso dei non vedenti, che fino a quel momento avevano avuto accesso soltanto alla scrittura braille su carta, i primi software di lettura testo e la barra braille sul bordo inferiore della tastiera che comunicava ai polpastrelli i caratteri che comparivano sullo schermo.

Già, la tastiera, così piccola e sfuggente per chi ha distonie agli arti superiori o non riesce ad aprire bene le dita. Ed ecco comparire le tastiere espanse con la possibilità di attivare i tasti con il pugno e fare la combinazione di più tasti grazie a software dedicati, che spesso si inceppavano e bisognava riavviare il sistema, ma che in qualche modo consentivano il pieno uso del computer con una mano sola.

L’introduzione della grafica, come interfaccia tra l’uomo e la macchina, sblocca in maniera definitiva il campo d’azione dell’informatica e, tra le altre cose, apre la porta al mouse, fino a quel momento completamente sconosciuto ai sistemi informatici.

Per i non vedenti si viene a creare una nuova barriera che impedisce un pieno utilizzo dei personal, si introduce la voce per la lettura dei testi, ma i software dedicati arrancano in quel mare di pixel alla ricerca di un testo da leggere e naufragano sul Web quando si tratta di passare da un frame all’altro.

Il mouse è assolutamente proibitivo per i non vedenti, ma lo è anche per i paraplegici con difficoltà nell’uso degli arti superiori, anche se c’è una differenza nell’utilizzo e non è piccola. Mentre per il cieco la grafica è un inutile impaccio e da una parte o l’altra dello schermo è una opportunità improponibile, tant’è che si è optato per l’uso del tasto tab per raggiungere testo e link vari, diverso è per chi vede ma non può usare il mouse perché schizza da una parte all’altra e quando si clicca bisogna tenerlo fermo.

In questi casi si sono adottate diverse strategie per puntare sullo schermo. Ci sono soluzioni hardware che consistono nel trakball, una pallina dentro a un supporto, muovendo la quale si sposta il puntatore del mouse, lasciando la quale si blocca il puntatore e diventa più agevole cliccare. Il joystick è una soluzione simile ma evita la precarietà insita nel far girare la pallina e consente di essere afferrato solidamente.

L’altra soluzione trovata è di tipo software e trasforma il tastierino numerico in un mouse virtuale, con quale è possibile spostare la famosa freccetta e cliccare, all’occorrenza trascinare, sia il pulsante sinistro che quello destro. Un sistema lento ma efficace, di grande aiuto soprattutto nei movimenti fini, consigliabile anche per i normodotati che fanno grafica o giocano con i video games.

Ora, detto questo, un conto è poter usare un computer, un altro è saperlo usare, un altro ancora è essere inseriti in un ciclo lavorativo che favorisca l’inserimento anche di coloro che arrancano nell’uso se non addirittura nella compressione dei processi IT.

Tralasciamo, un po’ per amor di patria e un po’ perché non è l’oggetto del nostro intervento, gli aspetti che riguardano la formazione e gli enti che dovrebbero essere preposti a questa incombenza.

Quali sono le soluzioni e i processi che sono stati adottati per facilitare l’inserimento lavorativo delle persone portatrici delle varie disabilità?

La maggior parte delle persone disabili, come abbiamo detto precedentemente, si trova quotidianamente ad affrontare ostacoli di diversa natura per poter eseguire mansioni a volte banali. Il compito delle aziende è in primo luogo, quello di rimuovere questi ostacoli ma non basta fermarsi qui. Il lavoro più complesso è quello di utilizzare al meglio le risorse del singolo cercando di valorizzarle, favorendo la creazione di strategie che possano portare la persona ad una reale autonomia nello svolgimento del compito.

Si è soliti dire, che non esiste un la ricetta valida per tutti i casi, ma questa volta non è solo un intercalare per prendere tempo, è la pura verità.

Ci sentiamo tuttavia di avanzare 10 punti di riferimento per chi volesse iniziare a ipotizzare un ambiente IT per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Non è nulla di strutturato, ma solo alcune idee derivate da un’esperienza pluriennale (nel nostro caso più di 25 anni) di attività sul campo.


1. Sostenere la motivazione al lavoro

Come è noto e rilevato da numerosi studi, lo stipendio, la possibilità di avere un reddito ed un’autonomia finanziaria non è l’unico fattore stimolante che sostiene la motivazione al lavoro. Col lavoratore svantaggiato occorre mettere in rilievo tutte le motivazioni collaterali, quali il prestigio sociale, il senso di appartenenza ad una comunità, l’autostima per i risultati raggiunti e in generale è bene spiegare che le aspettative personali possono trovare una risposta positiva nell’attività lavorativa.

Spesso siamo in presenza di persone con percorsi scolastici frammentati, con ridotto entourage amicale, scarsa conoscenza degli eventi sociali, chiusura all’interno dei propri ambiti mentali e/o fisici, situazioni familiari non propositive verso il lavoro, magari perché oberate da altri problemi o per scarsa cultura. Per tutti questi motivi occorre evidenziare le motivazioni che spingono l’impegno lavorativo, senza dare per scontato che siano già presenti nel lavoratore.


2. Personalizzazione del posto di lavoro

È probabile che il lavoratore sia inserito in una postazione di una rete, in questo caso è importante creare un account personale, magari che richiami il nome dell’interessato, spiegando che questo è il suo ed è importante per il suo lavoro.

Anche la scrivania dovrebbe essere possibilmente sempre la stessa, per creare un rapporto identificativo tra la persona la sua collocazione e le sue mansioni. Nel caso in cui, per ragioni organizzative, si renda necessario cambiare scrivania è opportuno motivare con dovizia di particolari il cambiamento.

3. Uso mirato delle tecnologie

La prima cosa da fare è quella di verificare se il lavoratore svantaggiato usa già degli ausili informatici o di altro tipo nella sua vita quotidiana. Nel caso in cui effettivamente la persona utilizzi ausili per conto suo e siano fondamentali per l’accesso allo strumento informatico, saranno adottati e resi utili al processo produttivo.

Una volta individuate le risorse di supporto al processo lavorativo, si inviterà il lavoratore a mantenere tali impostazioni per verificare in un lasso di tempo ragionevole la loro effettiva utilità, evitando continui cambiamenti che portano via tempo e confondono le idee sul loro uso migliore.

4. Scegliere le lavorazioni più adatte

Ci sono scelte evidenti, non possiamo mettere un cieco a fare grafica, così come un sordo non potrà trascrivere un file audio. Ma ci sono anche situazioni meno evidenti: una persona che ha il terrore di sbagliare e di assumersi le relative responsabilità, non potrà trascrivere del testo scritto a mano, così come uno straniero che non conosce bene di italiano è più opportuno che faccia inserimento dati di numeri.

Chi non ha confidenza o piacere nell’uso del computer, potrà sempre essere utilizzato nella preparazione dei documenti di carta. Chi non ha una manualità sufficientemente fine non toglierà i punti dai fascicoli, ma riordinerà i documenti secondo un ordine indicato.


5. Semplificare i processi

Generalmente la semplificazione dei processi produttivi avviene nelle lavorazioni ripetitive e di lunga durata, ma se il lavoratore è svantaggiato occorre in tutti i casi approntare processi semplificati.

Non si potrà dare in mano all’operatore svantaggiato fogli di carta per fare l’inserimento dati, ma anche se la scansione non è richiesta dal cliente il documento cartaceo andrà comunque digitalizzato e posto, con un apposito software, sul monitor a fianco al form che accoglierà i dati. Le soluzioni a scelta limitata (spunte e opzioni a tendina) saranno le più produttive e gradite all’operatore medesimo.

Organizzare il lavoro per step precisi e ripetitivi, rappresenta un’altra chiave di volta per organizzare il lavoro e la giornata lavorativa, si otterranno prestazioni più costanti e nel contempo si drenerà l’ansia che spesso è presente in questi operatori.


6. Spiegare in dettaglio i vari passaggi

Si ricordi di non dare nulla per scontato e di spiegare fin nei minimi particolari le varie tappe procedurali, curando altresì l’illustrazione delle motivazioni, per cui si deve fare in un certo modo e non in un altro.

Queste spiegazioni probabilmente devono essere ripetute nel tempo, magari non in momenti strutturati, come riunioni, briefing o altro, ma preferibilmente durante le lavorazioni quando si palesa l’errore o si devia dal percorso stabilito.

7. Evidenziare gli obiettivi raggiunti

Se la celebrazione degli obiettivi raggiunti si addice ai lavoratori giapponesi o orientali in genere, a maggior ragione deve valere per le persone svantaggiate. Ciò può essere fatto in situazioni strutturate (feste, celebrazioni, ecc.), ma soprattutto nella quotidianità per rafforzare giorno per giorno l’autostima e l’amor proprio.


8. Utilizzare gli errori e le mancanze per spingere al miglioramento

L’errore, il ritardo sul lavoro, le perdite di tempo, la mancanza di autocontrollo vanno sempre segnalati all’interessato, ma con l’accortezza costante di evidenziare i possibili rimedi, l’invito ad auto-migliorarsi, cercando di capire insieme all’interessato da dove nasce il problema e come risolverlo.

La mortificazione del lavoratore non è un obiettivo aziendale, tanto meno se si tratta di un lavoratore svantaggiato.

9. Coinvolgere il contesto familiare nella narrativa sull’andamento del lavoro

Può succedere che certe abitudini o atteggiamenti familiari rappresentino un ostacolo per una serena vita lavorativa. Si provvederà in questi casi a segnalare il problema alla famiglia e utilizzando le leve a disposizione (reddito garantito dal lavoro, prestigio per il congiunto e tutti gli altri vantaggi offerti dallo status di lavoratore) per avviare un processo capace di rimuovere l’impedimento in questione.

Allo stesso modo, si provvederà a segnalare il successo ottenuto per rafforzare la stima del contesto familiare ed amicale verso il congiunto svantaggiato, per potere gestire gli eventuali momenti di crisi riferiti alla persona o più in generale di carattere oggettivo.


10. Creare occasioni di aggregazione aziendale

Le occasioni di aggregazione aziendale sono importanti per tutti, ma in particolare per i lavoratori svantaggiati, che più di altri trovano nel senso di appartenenza un motivo identitario importante e difficilmente sostituibile.


Come si vede nulla di trascendentale, solo esperienza e buon senso, ma possiamo garantire che l’insieme di queste misure può veramente aiutare l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Ci accorgiamo solo ora che i suggerimenti proposti possono, e dovrebbero, valere per tutti gli ambienti lavorativi, ma tant’è ciò che viene studiato per i disabili, finisce poi per essere esteso a tutta la popolazione.

Maurizio Cocchi

Allora Presidente di Virtual Coop