Persone svantaggiate e innovazione tecnologica

IA: oltre l’ausilio informatico

Anteporre il coraggio alla paura

Disabili e computer

Tutto quello che viene fatto di speciale in materia di computer e di mondo digitale, in favore delle persone con disabilità, è teso a favorire l’accessibilità ad un set di comandi pensato e strutturato per un presunto mondo di normodotati.

Tastiere alternative, screen readers, barre Braille, per gli albori dell’informatica di massa quando il computer capiva solo il testo. Poi arriva la grafica, un’opportunità in più e un mare di guai per molti disabili, soprattutto non vedenti. Lo schermo diventa una finestra bellissima, entro la quale ci può stare di tutto, ma la sua forma è piatta e non è intelleggibile al tatto.

Fa capolino il riconoscimento vocale, in mezzo a mille errori e confusioni, per individuare in quei puntini colorati un barlume di lettera ed un insieme di parole con un senso. Il mouse, se è un oggetto incomprensibile per i non vedenti, da del filo da torcere anche a chi non ha una perfetta manualità.

Tutto questo si aggrava, se mai ce ne fosse stato bisogno, con l’arrivo del Web, con tutte quelle schede e finestre, parti delle pagine che vanno su e giù e altre che stanno ferme, che confusione per chi ha problemi, soprattutto per le persone con disabilità visiva.

A tutto questo si è cercato di porre rimedio con vari accorgimenti hardware e software, che hanno reso effettivamente più accessibili le procedure informatiche e la possibilità di lavorare in maniera simile ai normodotati. Infatti, la scena a cui abbiamo assistito e che a tuttora non è più di tanto cambiata, è quella che vede io disabile di fronte al computer cercare di fare quello che fanno gli altri, con uno strumento non pensato per me, ma appena appena adattato. In altre parole, sempre un po’ tontolone, spesso con scarsa istruzione, mi devo sforzare come un matto per adattarmi ad uno strumento che non è fatto per me e che, per molti aspetti, mi è ostile.


Un uragano di nome Intelligenza Artificiale

Ora abbiamo questo salto di paradigma, l’introduzione delle intelligenze artificiali. Sono su Office 365 e il mio Copilot mi dice che l’IA, in materia di accessibilità ed ausilio per disabili, offre le seguenti opportunità:

Beh, se proprio devo essere sincero, potendo scegliere un copilota preferirei Chewbecca, secondo pilota del Millennium Falcon e amico fraterno di Jan Solo (Harrison Ford) in Guerre Stellari, anche se con tutto quel pelo dovrebbe puzzare un bel po’: onesto, sincero, di poche parole e affidabile molto di più delle attuali intelligenze artificiali.

Tutti i prodotti, testi ed immagini, per il momento, che ho fatto fare all’intelligenza artificiale, mi hanno dato un senso di nausea. Attualmente i prodotti dell’intelligenza artificiale sono qualcosa di rifatto, che non ti appartiene, con un vago sapore di stantio per quelle parole fritte e rifritte, con quei disegni dai colori sempre e per forza intonati, visti e stravisti in tutti i fumetti e in tutte le riviste.

Eppure… Eppure, è innegabile la potenza produttiva e facilitatrice di questo strumento, capace di fare molto lavoro al posto tuo, di suggerire possibilità, di proporti conoscenze a cui non avevi mai neanche pensato, di scrivere, disegnare, comporre musica, realizzare algoritmi.

Possiamo forse rifiutarci di usarlo, perché ferisce il nostro orgoglio e strapazza il nostro amor proprio, sino a mettere in discussione la nostra stessa personalità? Ma soprattutto possiamo permettercelo? Possiamo nasconderci dietro a un dito e dire che è tutta una roba che non ci riguarda, che è tutto un pallone pieno di elio, che presto scoppierà?


Mario e il giocatore di hockey in carrozzella

Mario (si tratta di un nome di fantasia) è un giovane disabile inserito nel Centro Socio-Occupazionale (CSO) di Virtual Coop, con l’obiettivo di valutare le sue capacità lavorative nell’ambito delle attività di ufficio. Concordo con il personale educativo e tecnico di proporgli l’apprendimento delle principali funzioni di base di Word.

Lui è un ragazzo con una disabilità motoria, che pur gli consente di camminare col suo carrello anche se in modo abbastanza precario, ed inoltre presenta un lieve deficit intellettivo, che se gli permette di essere allegro e gioviale, gli rende più difficile memorizzare, avere un pensiero rapido e fluido tale da poter svolgere attività minimamente complesse e poter agire in maniera autonoma nell’ambito di normali attività di ufficio.

Con un’ora di lezione al martedì e una al giovedì in pochi mesi riesco a fare tutto Word di base fino ai grafici. Tuttavia, poiché vedo che fra un incontro e l’altro tende a dimenticare i comandi e soprattutto sembra far fatica a riprendere il filo del ragionamento che comporta ogni comando, gli dico che deve esercitarsi molto, fintanto che Word non diventi per lui una seconda pelle.

In occasione di una lunga pausa estiva gli chiedo di scrivere un racconto di fantasia. Finite le ferie mi presenta un testo di una paginetta con una storia un po’ sempliciotta, come peraltro è nel suo stile. Il racconto si articola abbastanza bene, con qualche inciampo, qualche zona oscura e varie imprecisioni.

Preso da furore innovativo, decido di far correggere il testo da Chat GPT ed ecco il risultato:


Non ho più avuto occasione di fargli vedere la trasposizione che chat GPT ha fatto del suo racconto e non so se Mario sarebbe contento del risultato o se magari sarebbe inorridito dall’invasione di campo che ha fatto una macchina nei suoi pensieri. Credo comunque che avrebbe avuto un atteggiamento abbastanza indifferente, con molto meno problemi di quelli che mi metto io.

Si, perché io di problemi me ne metto. Forse esagero, ma in qualche modo mi sembra di fargli una qualche forma di violenza, trasformando il suo racconto originale in una bella copia, scritta bene con tutta la punteggiatura al suo posto e il discorso che scorre come un libro stampato.

Insomma, ho preso qualcosa fatto da lui e che come tale gli apparteneva, l’ho messo in una macchina, che l’ha triturato per normalizzarlo come un qualsiasi testo da rivista dozzinale.

Ma non è forse la nostra principale aspirazione di persone con disabilità quella di fare ed essere considerati come persone normali?


I libretti di Enrico

Anche Enrico (altro nome di fantasia) è inserito nel CSO di Virtual e presenta una paralisi spastica, derivante da qualche casino genetico, che gli blocca l’apparato oro-faringeo e gli impedisce di parlare, anche se mangia come un ludro.

Cammina a stento, traballando attaccato al carrello, usa una sola mano e un solo dito per digitare sulla tastiera e sul cellulare. Comunica indicando le lettere su un fogliaccio di carta tutto stropicciato, dove indica le lettere.

Tuttavia, riesce ad usare una normale tastiera da computer ed usa le funzioni touch screen del suo smartphone; come puntatore usa un joystick.

Il suo compito al CSO è quello di rilanciare sui social gli articoli pubblicati sul magazine della Cooperativa (www.buonenotiziebologna.it), con una presenza in sede di una mattina alla settimana, il resto dovrebbe farlo da remoto.

L’attività gli fa veramente schifo. Un po’ fa fatica a scrivere sia pure quei testi brevi, ma soprattutto non gliene frega niente del giornale on-line, degli argomenti che tratta e un po’ di tutto quello che circola al centro.

Il personale mi chiede di portarlo verso le attività che vengono svolte e fare qualcosa che lo induca a socializzare di più con il gruppo ed evitare che passi tutte le giornate sui video giochi.

Vengo presentato come esperto in Intelligenza Artificiale (sic!), incarico che io accetto nella più totale ignoranza ed arroganza. Per fortuna accetta il mio affiancamento, come scrittore o quantomeno come uno che sa scrivere, e non come esperto in IA.

È difficile capire cosa frulli per la testa a Enrico, se sia uno stupido credulone, che cerca strategie per raggiungere facili obiettivi, senza fare troppa fatica e senza impegnarsi più di tanto, come sembrano credere quelli che hanno cercato di fargli fare qualcosa, oppure se siamo di fronte a un giovane disabile disorientato, con una formazione approssimativa, dovuta all’handicap e agli ambienti formativi frequentati, che cerca con grande difficoltà e un po’ di confusione mentale una propria strada verso l’autonomia e la vita.

Subito mi rendo conto che non è molto importante quello che è lui, a un disabile grave sui vent’anni bisogna concedere un po’ di disorientamento e dargli il tempo di recuperare, ma quello che veramente importa è cosa voglio fare io con lui.

Lavoriamo esclusivamente in video conferenza, questo è molto apprezzato da lui, perché si sente libero e capace di esprimersi al meglio. Siamo una coppia perfetta: lui con il suo dito scrive sulla tastiera, io detto con Dragon NaturallySpeaking e tutti e due i testi finiscono in chat. Fra una comunicazione e l’altra, passa un po’ di tempo, ma chi se ne frega, nessuno dei due ha mediazioni e necessità di confrontarsi con altri per comunicare.

Mi dice subito che ha un progetto: vuole fare dei libretti di istruzione tecnica su vari argomenti, da vendere su Amazon. Per farmi capire mi manda un link, dove un altro giovanotto, un imbonitore da strapazzo, spiega come se si individua un argomento che fa vendere più libri su Amazon, è possibile fare libretti di quel tipo metterli sugli scaffali virtuali e aspettare che i pirla abbocchino.

Anche trascurando il fatto che questo sparare nel mucchio, per un motivo puramente statistico, può dare effettivamente dei risultati, accetto di lavorare con Enrico, perché comunque l’elaborazione dei libretti, porta sicuramente ad imparare un sacco di cose e ad utilizzare l’Intelligenza Artificiale per uno scopo preciso.

La prima cosa che chiede a chat GPT è quali sono gli argomenti dei libri che vendono di più sul grande store on-line. L’IA fra un breve elenco delle categorie librarie e lui sceglie “Riparazioni e upcycling”. Poi chiede di dargli cinque titoli, con relativi sottotitoli per possibili pubblicazioni.

La macchina risponde:

1. Titolo:

"L'Arte di Riparare: Trasforma i Tuoi Oggetti in Tesori"

Scopri come aggiustare e reinventare vecchi oggetti con tecniche di riparazione creative e sostenibili.


2. Titolo:

"Upcycling per Principianti Da Rifiuti a Capolavori"

Guida pratica per trasformare materiali comuni in progetti innovativi e originali.


3. Titolo:

"Fai da Te Sostenibile: Riparazioni e Upcycling Facili"

Trucchi e idee per ridare vita agli oggetti inutilizzati, risparmiando e rispettando l'ambiente.


4. Titolo:

"Riciclare con Stile: Progetti di Upcycling per la Casa"

Ispirazioni uniche per decorare e organizzare casa con oggetti riciclati e personalizzati.


5. Titolo:

"Riparare è Meglio che Buttare: Manuale per un Mondo Zero Sprechi"

Una guida per allungare la Vita dei tuoi oggetti

Lui vorrebbe chiudere la partita in un colpo solo, lanciare un prompt per sviluppare il contenuto di tutti i capitoli in un colpo solo. Su mio suggerimento, chiede a chat GPT di buttare giù un testo per ogni capitolo, per far sì che l’algoritmo possa lavorare con più precisione ed avere una maggiore possibilità di controllo.

Ma anche in questo caso, in men che non si dica, ottiene la bellezza di 47 pagine scritte in un italiano fluido e ben orchestrato, più che sufficienti per una pubblicazione spazzatura.

Rileggendo il malloppo ci accorgiamo che cita attrezzi e materiali, che per un principiante del fai da te possono risultare di difficile comprensione e così decidiamo di illustrare il testo con immagini che rappresentino gli strumenti citati, come indispensabile per affrontare le attività descritte.

Ed è qui che scatta il colpo di genio, l’intervento umano non previsto dall’IA, ma capace di dare un senso compiuto e originale all’opera in via di costruzione. L’individuazione, la ricerca, la creazione e l’inserimento delle immagini nel testo rappresentano tutti elementi di forte personalizzazione del testo prodotto semi-automaticamente.

A ciò occorre aggiungere la minuziosa correzione dello scritto, la verifica che non siano stati utilizzati brani di opere fatte da altri autori, il confezionamento del libretto (impaginazione, creazione della copertina, ecc.), le scelte relative alle modalità di vendita e di sviluppo del marketing, sono tutte personalizzazioni e interventi che richiedono conoscenze approfondite e brillantezza di idee da parte dell’autore che vanno molto oltre l’accettazione passiva del testo commissionato a chat GPT.

Quanto tempo avrebbe messo il nostro amico a scrivere un testo di quella lunghezza? Un’infinità. E quanto questo tempo avrebbe influito sulla sua autostima e sulla sua possibilità di fornire una performance sufficiente per realizzare un prodotto di quel tipo?

Ricordo di un amico, un caro amico, ora non più fra noi, che utilizzava per scrivere al computer un unico tasto che doveva premere al momento giusto per scegliere una lettera mentre l’alfabeto scorreva in una striscia grafica. Un editore compiacente gli diede il testo di un libro da correggere, non so quanti mesi impiegò per quelle 2-3 ore che riusciva a lavorare al giorno, né ho mai saputo quanti errori gli fossero sfuggiti, vista la difficoltà di usare quel particolare strumento di input, di sicuro so che in seguito non gli furono più proposti lavori simili.


Cavalcare le tecnologie

L’Intelligenza Artificiale può lavorare per noi disabili, ma noi dobbiamo insegnarle a lavorare e soprattutto a fare quello che vogliamo e abbiamo in mente.

Ci sono due atteggiamenti sbagliati che possiamo avere di fronte a questa potente tecnologia che non ci aiutano per niente: il rifiuto ideologico e la sua esaltazione passiva.

Francesco Guccini cantava: “Bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà”. Questo non significa seguire stupidamente ogni moda che passa, significa guardare, capire, discernere e fare nostro quello che ci aiuta a perseguire i nostri obiettivi.

Certo, la tentazione è forte: ho qualcuno che scrive per me, lasciamolo scrivere. Proviamo a guardarci attorno, quante parole inutili ci circondano e ci stanno soffocando in un mare di niente. Un mondo scriteriato nella produzione di testi e di altri ammennicoli (immagini, musica, sensazioni, ecc.) non può che soffocarci e rendere inutile la comunicazione. Occorre bucare questa cortina di inutilità con pensieri originali, frutto di un lavoro, di esperienza elaborata in maniera caotica, fuori dall’ordinamento degli algoritmi, filtrata dalla storia, dall’etica, dal sentimento e dall’empatia.

Come facciamo a fare tutto questo? Tiriamo fuori dalla storia penna e calamaio, la vecchia lettera 36 o andiamo nelle grotte scavate nelle ere industriali armati di gessetto a scimmiottare le pitture rupestri?

No, siamo fuori strada. Per disegnare il nostro futuro dobbiamo utilizzare quello che c’è e quello che c’è, sono le intelligenze artificiali.

Quello che ci aspetta nei prossimi anni, se non addirittura nei prossimi mesi, è un grande lavoro, volto ad impossessarci di questi strumenti e, alla fine di tutte le fiere, poco importa come sono fatti, quello che veramente conta sono i risultati che danno e come noi impariamo ad usarli.

Il lavoro da fare è soprattutto educativo e formativo, solo una persona ben formata e con una personalità strutturata può affrontare i problemi che pone la personalizzazione di queste tecnologie.

I giovani disabili fisici e sensoriali hanno davanti a loro intere autostrade da percorrere, ma anche per i disabili intellettivi e psicologici si aprono nuove vie, sicuramente più strette ed impervie, ma che con l’aiuto di educatori e figure adulte è possibile percorrere.


Maurizio Cocchi

Pedagogista

Consulente di impresa per il terzo settore